Accostarsi all’opera di uno scrittore come Henry Charles Bukowski non è semplice. La sua scrittura cruda, feroce, acre non accoglie il lettore in modo rassicurante ma lo trafigge con un mondo dalle tinte forti, dai toni scabrosi e a tratti rivoltanti. Bisogna allora avvicinarsi ai suoi libri in punta di piedi, con la volontà di andare oltre il primo impatto emotivo e lasciarsi trascinare da sensazioni forti. I personaggi delle opere di Bukowski ti sembreranno sempre in equilibrio precario su una vita che li sopraffa. Una vita che si lasciano scorrere addosso tra le miserie e le pulsioni più basse, in un senso di banalità e fatalità che schiaccia tutti gli esseri umani, indistintamente. Per capire meglio questi concetti e la mia scelta del miglior libro di Charles Bukowski, ti sarà utile conoscere un po’ la biografia dell’autore.
La vita di Charles Bukowski
Heinrich Karl Bukowski nacque in Germania, ad Andernach, nel 1920, da padre statunitense di origini tedesche e madre tedesca, ma fu naturalizzato americano col nome di Henry Charles Bukowski. La coppia si trasferì in USA nel 1923, quando la situazione economica tedesca, dopo la Prima Guerra, era ormai insostenibile. Fu allora che il piccolo Heinrich cominciò a essere chiamato Henry, per sembrare più americano. Nel 1930, la famiglia Bukowski si trasferì a Los Angeles, teatro in cui si sarebbero svolti tanti racconti del futuro scrittore. L’infanzia solitaria di Henry Charles si svolse tra la discriminazione da parte degli altri ragazzini e le violenze del padre. Con l’adolescenza, il disagio aumentò e si manifestò in quello che lo scrittore stesso definì “amore a vita con l’alcol”. Disinteressato alla politica, Bukowski si avvicinò alternativamente a gruppi nazisti, a gruppi di estrema sinistra e a gruppi pacifisti, prendendone poi regolarmente le distanze. Il primo racconto gli venne pubblicato sulla rivista Story nel 1994, a soli 24 anni, ma dovette aspettare di avere 49 anni per ottenere un’offerta dalla casa editrice Black Sparrow. Si può dire, però, che quegli anni non andarono persi perché furono il tempo in cui Bukowski visse tutte le sue opere, in un vortice di disincantata disperazione. Furono infatti segnati da innumerevoli relazioni sentimentali o sessuali, dalla disoccupazione, dalla povertà, dalla difficoltà nel barcamenarsi tra varie occupazioni di ripiego, la malattia, il dolore del lutto per Jane Cooney Baker, il primo grande amore. Una serie di esperienze che segnarono Bukowski e la sua opera irrimediabilmente.
Il Miglior Libro di Charles Bukowski
Bukowski ha scritto oltre sessanta libri, tra raccolte di poesia, racconti e romanzi. Se vuoi approcciarti alla sua opera, ti consiglio di leggere quella che può essere considerato secondo me il miglior libro di Charles Bukowski. O meglio dire la sua migliore raccolta di racconti, Storie di ordinaria follia. Qui troverai una vera e propria summa dell’opera di Bukowski: 62 racconti intrisi di dolore, rassegnazione e crudeltà. Racconti che ripropongono in modo più o meno palese la vita dell’autore, tra donne, alcol, sesso, scommesse, rapporti morbosi e violenti. Leggerli permette di immergersi in una dimensione feroce della realtà americana, una dimensione in cui lo squallore della miseria quotidiana si fonde con lo squallore delle piccolezze umane. La narrazione minimalista di Bukowski riesce a descrivere con estremo realismo e senza alcun pudore o sentimentalismo il rapporto con le donne. Un rapporto basato sullo sfruttamento sessuale, come avviene in “Tre donne”. O descritto indugiando con gusto sui particolari più scabrosi o sulla fisicità, piacevole o meno, dei personaggi femminili, come accade in “Un’amabile storia d’amore”. Donne che vendono e deturpano la loro bellezza, fino ad annientarla, come in “La più bella donna della città”, il mio racconto preferito. E donne che riducono l’uomo a un giocattolo, come in “Sei pollici” e, ancora, donne che non sono altro che creature meccaniche o bambole gonfiabili, come in “La macchina da fottere”. L’alcol è l’unico vero compagno di vita dei personaggi maschili, alter ego dell’autore. E’ un alcol che annega il dolore, che rende più disinibiti, un alcol che riempie la pancia facendo dimenticare (o essendone la causa) fame e miseria.
Tra tutti i racconti raccolti in Storie di ordinaria follia, ti consiglio di non perdere un racconto che nell’edizione italiana dell’opera non è mai stato incluso: Svastica. Dopo l’immersione nel realismo crudele degli altri racconti, ti troverai davanti ad una storia sui generis, in cui non si trovano che lontane citazioni delle ingombranti volgarità bukowskiane. La violenza qui non è mostrata, non è palese, ma aleggia nell’aria in maniera subdola e per questo ancora più angosciante. A fare da sfondo a questa storia non ci sono più bar squallidi, bordelli, camere in affitto, ma addirittura la Casa Bianca. In una notte di pioggia, il presidente degli Stati Uniti viene prelevato da suoi collaboratori che lo portano in un luogo segreto dove ad attenderlo trova Hitler in carne e ossa, invecchiato ma ancora pronto a portare finalmente a termine il suo progetto di conquista del mondo. In un’atmosfera in bilico tra noir, fantascienza e horror, un’operazione chirurgica permette di dare all’uno il corpo dell’altro. Il finale è amaro e sarcastico: una critica tagliente alla società americana contemporanea. Una società che, a detta di Bukowski, Hitler avrebbe molto apprezzato.
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